La vitamina D è una vitamina liposolubile, vale a dire che si scioglie nei grassi.
Di regola le vitamine sono molecole essenziali che l’organismo non può produrre da solo e devono essere introdotte attraverso l’alimentazione. La vitamina D, invece, anche se presente in alcuni alimenti è prodotta dall’organismo in seguito all’esposizione della pelle al sole. La radiazione ultravioletta, infatti, trasforma un grasso, simile al colesterolo, presente nella pelle in vitamina D3 (colecalciferolo). Tale vitamina D3 è poi assorbita nell’intestino e passa poi nel sangue dove si lega a una proteina specifica che la trasporta ai diversi organi e tessuti
La funzione principale e più nota della vitamina D è quella di favorire il processo di mineralizzazione dell'osso, aumentando l'assorbimento intestinale di fosforo e calcio, e diminuendo l’escrezione di calcio nell’urina.
Oltre alle azioni sul tessuto osseo, la vitamina D ne svolge numerose altre azioni extra-scheletriche.
Tra queste fondamentale è l’azione che ha sul buon funzionamento del sistema immunitario attraverso l’attivazione della prima linea di difesa contro alcuni microrganismi patogeni poiché aumenta la capacità delle cellule del sistema immunitario di eliminare microrganismi.
Altra importante capacità della vitamina D è quella di modulare la risposta infiammatoria controllando il grado di attivazione di molte cellule del sistema immunitario e la produzione di fattori che intervengono nell’infiammazione.
Come si assume la vitamina D?
Tramite l’Esposizione ai raggi ultravioletti del sole
Alimenti quali:
- pesce grasso, come salmone, sardine, aringhe e sgombri
- fegato
- tuorli d'uovo (4,5 microgrammi per 100 gr)
- cioccolato
- frutta e verdure, in minima quantità e nella variante meno biodisponibile (vitamina D2)
- funghi, contengono vitamina D2 di origine vegetale
- Integratori
Non c’è un consenso unanime nella comunità scientifica e medica su quali siano i livelli ottimali di vitamina D e sulla definizione clinica di carenza.
L’Associazione Italiana degli Endocrinologi Clinici considera sufficienti nella popolazione generale valori uguali o maggiori di 20 ng/ml (50 nmol/L), ma si raccomandano livelli uguali o superiori a 30 ng/mL (75 nmol/L) in presenza delle seguenti condizioni di rischio e/o malattie:
- osteomalacia
- osteoporosi
- età avanzata, con storia clinica di cadute o di fratture non traumatiche
- gravidanza e allattamento
- obesità
- stili di vita con ridotta o assente esposizione al sole
- sindrome da malassorbimento
- malattie renali croniche
- insufficienza epatica
- fibrosi cistica
- iperparatiroidismo
- assunzione di farmaci che interferiscono con il metabolismo della vitamina D, antiepilettici, glucocorticoidi, farmaci per l’AIDS, antimicotici, colestiramina
C’è un generale consenso nelle linee guida nazionali e internazionali nel consigliare l’assunzione di vitamina D (supplementazione) nei primi 12 mesi di vita, al dosaggio di 10 microgrammi (400 unità internazionali o UI) al giorno.
Nella popolazione adulta, la succitata nota AIFA chiarisce che è giustificato l’inizio della supplementazione di vitamina D, per valori di 25(OH)D < 20 ng/mL,, e in categorie a rischio come persone istituzionalizzate (persone in strutture riabilitative, ricoveri assistiti) donne in gravidanza o in allattamento e persone affette da osteoporosi.
Una carenza cronica di Vitamina D può avere un ruolo nell’insorgenza/acutizzazione di patologie quali:
- malattie autoimmuni ed infiammatorie croniche
- diabete di tipo 1 e 2
malattie cardiovascolari
- tumori
- malattie neurologiche (ad esempio, sclerosi multipla)
- malattie respiratorie
Al momento non esistono però dati certi sulla efficacia della supplementazione con vitamina D nel migliorare il decorso clinico di queste malattie.
È invece documentato da studi clinici che la somministrazione di vitamina D, in associazione ad un buon apporto di calcio, a persone molto anziane (più di 85 anni) riduce lievemente il rischio di frattura.
Sono inoltre, noti gli effetti terapeutici dell’applicazione locale (topica) di vitamina D o suoi derivati, come terapia singola o in combinazione con ormoni steroidei, nelle persone con la psoriasi.